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Scuola tra ansia e incubo compiti: perché i genitori devono fare un passo indietro

La scuola è iniziata da qualche giorno ma è proprio ora, con l’inizio vero e proprio delle attività e dei compiti, che inizia il nuovo percorso scolastico. Secondo un recente sondaggio di Skuola.net, che ha visto coinvolti 1.000 alunni di scuole medie e superiori, 4 alunni su 5 dichiarano di provare “ansia”, “desiderio di fuga”, “sconforto” o “rabbia” solo al pensiero della ripresa della scuola e anche nei più piccoli sembrano prevalere i sentimenti negativi.

Perché tanta ansia e timore nell’affrontare il nuovo anno scolastico e come evitare i conflitti a casa per i compiti?

«C’è troppa attenzione al profitto, al voto e alla verifica, anche perché le scuole sono diventate molto competitive», spiega Deny Menghini responsabile dell’Unità operativa semplice di Psicologia Neuropsichiatrica dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma.

«A preoccupare i ragazzi sono i voti, ma c’è anche il confronto con i compagni. In molti casi, dove gli insegnanti sono più lungimiranti, viene dato meno peso al risultato e vengono coinvolti i ragazzi nei giudizi sulla loro conoscenza e grado di preparazione», continua l’esperta.

Cosa non dire quando torna da scuola

Anche a casa, per non concentrarsi sui risultati, occorre evitare di chiedere ai figli “Com’è andata?”, “Che voti hai preso?” , “Hai risposto alle domande della verifica?” e spostare invece l’attenzione sull’interesse, chiedendo se c’è un argomento che li ha appassionati, se si sono divertiti, spostando il focus sul processo di apprendimento e sul piacere di imparare. «Andrebbero rimesse in discussione certe vecchie logiche legate all’apprendimento: non è vero che le scuole dove ci sono meno compiti sono meno valide, soprattutto se parliamo di scuola primaria. Un altro aspetto cruciale riguarda lo sport. Una scuola funziona di più se ci sono tante ore di movimento.

Come evitare i conflitti sui compiti

Per evitare i conflitti a casa sui compiti è importante che bimbi e ragazzi siano autonomi il più possibile nella gestione del tempo da dedicare allo studio e si abituino a riferirsi all’insegnante per questioni legate all’apprendimento. «Quello che osserviamo noi clinici è che il genitore spesso è troppo intrusivo e, involontariamente, alimenta le insicurezze dei figli — spiega Menghini —. Dare più valore al profitto che al processo di apprendimento sposta l’attenzione sulla vera priorità della scuola: abituare i bambini a sbagliare, a comprendere gli errori e a rimediare. Solo così, sbagliando e affrontando anche emotivamente questioni scomode, i ragazzi imparano a gestire i propri limiti e si ingegnano per trovare delle soluzioni, imparando ad accettare e affrontare le difficoltà e a non vivere tutto come una sfida, che poi è uno dei principali fattori di stress e generatore d’ansia». Va sostenuta l’autonomia a tutte le età, ma anche evitato di sostituirsi ai figli o non dare importanza alle loro manifestazioni regressive. C’è in gioco l’autonomia ma anche la sicurezza del bambino.

«Siamo abituati a proteggerli e va benissimo, ma aiutare il bambino a dire all’insegnante “non ci sono riuscito” è un grande insegnamento, perché non bisogna dare l’impressione di essere sempre al massimo perché poi alla prima frustrazione possono crollare. Evitare a priori qualsiasi problema, a lungo andare, non permette loro di allenarsi a frustrazioni e insuccessi che fanno parte della vita. Puntare sempre all’eccellenza non aiuta, che è diverso dal richiedere un impegno. I genitori dovrebbero concentrarsi su quest’ultimo aspetto, i risultati che ne conseguono sono secondari», conclude Menghini.